
Mentre attendo, annoto:
annoto i visi delle persone che conosco da poco, che ho visto di sfuggita, visi di coloro che forse il tempo mi renderà amiche o che sento già nemiche.
Tengo in fronte, scritto in bella vista "cercasi un buon maestro/a", anche se forse una ne ho appena incontrata.
Annoto i fatti e le sensazioni, le prove e gli errori di questa rinascita un po' incerta che mi sta dando delle possibilità.
Sento i richiami di quello che ero una volta e che non sono più, ma non sono ancora.
Si parla di ruoli non di identità... su questo mi sbagliavo...
E mi sbagliavo anche quando pensavo a mio padre come il male e i miei sogni come impuri, da rigettare nel fango, da nascondere sotto terra.
La mia vaschetta di gelato come scatola di ricordi, questo annoto.
Ma annoto anche tutti i ricordi che mi passano sottomano tutti i giorni, troppo grossi per stare in una scatola, una qualsiasi scatola.
Forse il fatto è che... i soli ricordi che puoi mettere sottovuoto sono quelli che ti hanno parlato e che ora non sono più. Quelli che vai a cercare quando sei tu a voler cercare loro e non il contrario. Perché quegli altri di ricordi, quelli ancora vivi intendo, se ne stanno bellamente attorno a noi... quasi fosse solo la nostra mente, l'unica scatola possibile per loro.
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